Non la dovevano chiamare Fase 2. Il pericolo più grande per le imprese è quel 2 nella denominazione di quello che sarà invece l’inizio di un nuovo tempo che non sappiamo quanto durerà prima del prossimo cambiamento.
Ci stiamo facendo trarre in inganno da una comunicazione sbagliata di una inesistente consequenzialità: non esiste una Fase 2 perché, in realtà, quella che, sbagliando, hanno chiamato Fase 1 (che stiamo ancora vivendo) era la fine delle nostre vecchie abitudini, un ending. In quella che si è chiamata Fase 1 eravamo ancora noi, quelli vecchi, stavamo affrontando l’emergenza parando i colpi, schivando i pericoli.
Non stava iniziando nulla nella Fase 1, stavano finendo le nostre energie, stavano crollando al tappeto le nostre certezze insieme a noi. Dovevamo solo capirlo, vederci e dichiararci vinti. Si, perché in ogni caso ne usciremo vinti e non vincenti. Storditi, azzoppati, tumefatti, feriti. Quell’ 1 della Fase 1 ci ha tratto in inganno, e lo fa tutt’ora, ci confonde le idee. Come se non bastassero i colpi del nostro avversario, quell’ 1 ci fa credere che siamo ancora all’angolo del ring a recuperare energie per continuare un match che ha già sentito suonare tre volte la campanella; ci fa credere ancora che sta per iniziare un secondo round che è solo un’illusione, un delirio: la Fase 2 di un incontro già perso. E questa illusione può recarci danni più gravi, ferite più lunghe da guarire, rispetto anche alla pesante sconfitta da cui dobbiamo dovremmo imparare.
In questo momento siamo degenti sul lettino dello spogliatoio. Vinti e feriti. E prima ne prendiamo consapevolezza, prima cureremo le nostre ferite.
Una nuova partenza
Questa che stiamo chiamando Fase 2, in realtà, di 2, fortunatamente, non ha nulla: sarà una fase iniziale di qualcosa di diverso che non conosciamo ancora e che per cominciare coi migliori auspici dovremo approcciare con ritrovata lucidità.
Smettiamola di denominarla Fase 2. Sarà uno Start, una nuova partenza, la campanella che darà inizio a un nuovo match che sarà combattuto su un altro ring, magari diverso rispetto a quello a cui eravamo abituati e da cui siamo usciti sconfitti. Non dobbiamo fare l’errore di pensare di affrontare una nuova sfida con le nozioni vecchie, perché saranno cambiate le misure del ring, le distanze tra noi e il nostro avversaro e l’arbitro, saranno cambiati i tempi dei nostri movimenti, le regole di ingaggio, e saranno cambiate le emozioni e i sentimenti degli spettatori che ci osserveranno e a cui ci rivolgeremo. Sarà tutto diverso.
Gli errori che devono evitare le imprese e i pubblicitari
Io già vi vedo tutti eccitati a progettare le nuove pubblicità (che voi chiamate marketing) “per rilanciarci nella Fase 2”:
- Un poco di tag strategiche che cavalcano il periodo, sparate a caso qua e là nel copy, tipo i ringraziamenti “agli eroi che sono stati in prima linea in questa guerra.
- Lo storytelling di come il brand ha affrontato e superato il momento “con cura, fiducia e determinazione”, grazie a loro, i propri lavoratori, “eroi delle seconde linee”.
- La certezza del sempre verde messaggio positivo tipo “da oggi ci aspetta uno straordinario futuro insieme 💪“.
- Poi, dopo qualche settimana, vi ritroveremo a ripiegare sui soliti sconti, promozioni e prezzi ribassati, che andrete a giustificare col più banale messaggio dal tone of voice emozionale: “Il brand capisce le difficoltà dei suoi clienti e abbatte i prezzi ♥“.
Per favore, sarebbero errori enormi e stavolta imperdonabili: così rischiate di fare ancora più danni. Fermatevi un attimo a riflettere sui cambiamenti prima di ri-agire. Perché non c’è niente da reagire stavolta. C’è da accettare la sconfitta, osservare, c’è da studiare e capire quale sarà il nuovo scenario in cui vivremo, il nuovo campo su cui giocheremo. Ci sarà da capire noi come ne saremo usciti cambiati, che ruolo potremo avere, quali abilità dovremo più allenare per migliorarle ed essere all’altezza, in che modo dovremo modellare quelli che prima erano i nostri punti di forza. Non basterà e non servirà reagire: dovremo agire in maniera nuova.
Non si affrontano le novità con le dinamiche delle vecchie abitudini. Poi, se volete chiamarla Fase 2, continuate pure, ma non affrontatela con la logica della Fase -2; perché, se vedete bene, vi renderete conto che anche prima della pandemia le aziende erano abbastanza confuse in termini di ciò che è il marketing e del ruolo che deve rivestire nella loro impresa.