La terapia del Ted
Si, stiamo parlando ancora di questo Tedx Barletta. È grazie a questo che ho pensato alla terapia del ted.
C’è un mio post di una settimana prima dell’evento credo, in cui già si percepiva quello che stava provocando in me la preparazione di questo talk. Ripercorrere la mia (semplice) storia in un certo modo. Spogliarsi. Guardarsi dentro. Ricordare. Ri-elaborare e provare a conciliare tutto col messaggio che vuoi far passare, che tutto vuole essere tranne un “come si fa”.
Perché è stato terapeutico. Lo sto dicendo a tutti. Ne stiamo parlando tra noi in privato ancor più di quello che vedete sui social, condiviso da ognuno che c’era.
Ecco, è la soggettività del “come si fa” che occorre ricercare nel lavoro quotidiano incastrandola agli elementi oggettivi che il quotidiano ci rimanda.
È che continuano ad arrivare feedback e messaggi di chi era tra il pubblico e ti ringrazia, di chi era “speaker” e ora è un amico, di chi era “staff” e ora è un amico. E continui a pensare a quelle emozioni. E non posso aspettare il video per condividerle, che poi non restituirebbero quello che voglio adesso.

Il coraggio dell’autenticità. Di tutti. E non è semplice. Affatto. E non perché non lo sei di natura. Non è semplice perché tante volte, troppe, in certi contesti, ti preoccupi più di apparire che di essere. Ci vuole coraggio. Incoscienza a tratti. Ci vuole bellezza intorno. E fortunatamente Barletta in quei due giorni si era riempita di bellezza. Era diventato il posto più bello del mondo. Per le persone che c’erano, per ciò che si respirava, per ciò che si vedeva. È stato naturale essere e non apparire. La bellezza nasce, non si costruisce. Nel senso che c’è un’enorme differenza tra la bellezza costruita, e quella che “salverà il mondo”, e quella che salverà il mondo è quella non costruita.
Dopo le prove, per me tragiche, non volevo salire su quel palco.
Parlare in pubblico non è mai stato un problema. Avevo preparato tutto, credo anche bene. Eppure, nel tempo tra le prove del venerdì e il talk di sabato sono stato vicino a rinunciare. I pensieri, la tensione. Le mie aspettative su me stesso. L’intimità della storia, dei ricordi. Quindi i dubbi, i nervi, tutto. E se mi fossi bloccato?
Non volevo fare brutte figure. Sapete poi come vanno queste cose, la reputazione, il personal branding di stigrancazzi. Il panico insomma.
In questi 3 fermo immagine. E non inserisco foto di altre persone, credetemi, per discrezione. Perché davvero credo che ognuno di noi abbia immortalato non semplici foto, ma emozioni, e le emozioni sono intime e ognuno deve decidere per sé come condividerle. Insomma, in questi tre fermo immagine ci stanno tutte quelle emozioni. Le mie. Un po’ il mettersi a nudo. L’ammettere di essere tesi, emozionati, ma anche la paura, le luci di quel palco, il pensiero della distrazione della musica durante le prove, il blocco. Ma soprattutto l’autenticità di ciò che si provava e la libertà di mostrarlo. La verità.

E quindi come è stato questo Tedx?
Terapeutico.
E credo sia lo spirito dei TED.
Non è organizzare il Ted, non è preparare il ted talk. È entrare nello spirito del TED la chiave. Lì capisci cos’è.
Grazie all’organizzazione tutta di questo Tedx Barletta per avermi dato la possibilità di viverlo.