Commercialmente (e tutti siamo sul mercato), la buona reputazione è quella cosa che, quando inizi a offrire un prodotto o un servizio scarso rispetto agli standard su cui si è creata, ti permette di rimanere attivo per il tempo necessario affinché tu possa tornare a offrire nuovamente prodotti e servizi che soddisfino le aspettative dei clienti.
In molti purtroppo credono che la buona reputazione sia una “rendita a vita”. E non è così. Diventa tale solo se persiste nel tempo ed esiste ancora al momento in cui si cessa l’attività.
Ma fin quando un’azienda è attiva non esiste “rendita”, tutt’al più possiamo parlare di “scorta”. Ecco, la buona reputazione è una importantissima “scorta” a supporto della nostra impresa.
Ma attenzione: le scorte sono temporanee, sono soggette ad esaurimento. La misura del tempo che durerà la “scorta”, in questo caso, dipende dalla pazienza dei clienti che è limitata e suscettibile alla loro volubilità. Per questo occorre analizzare frequentemente l’andamento commerciale dell’azienda, essere vigili, e restare lucidi nei momenti in cui si leggono delle flessioni.
Dalla lettura dei dati e dall’interpretazione dell’analisi possiamo accorgerci che qualcosa non va. I dati sono come delle spie luminose. Occorre mantenere lucidità quando c’è qualche spia accesa. Se restiamo lucidi e lavoriamo sui segnali, sui dati, e quindi sulle cause che hanno portato le spie ad accendersi, se saremo bravi, dopo un po’ le stesse si spegneranno. Riusciremo a far rientrare il pericolo prima che scatti l’allarme.
Questo lasso di tempo che passeremo a lavorare per studiare i dati critici, per invertire i trend e generare nuovi dati positivi, è quello in cui entra in gioco “la scorta della buona reputazione”: noi lavoriamo sui dati e la buona reputazione lavora per continuare a vendere i nostri prodotti e servizi.
Se invece tendiamo a non accorgerci delle spie finiremo per essere svegliati dalla assordante sirena dell’allarme; e quando suona l’allarme vuol dire che abbiamo finito la scorta; e se finisci le scorte le persone non hanno più motivo di entrare nella tua azienda. A quel punto non c’è più alcuna reputazione che possa salvarci, e non perché non esisteva o non era buona, ma perché l’abbiamo consumata senza neanche rendercene conto. Sprecata.
Non mi interessa scrivere di come vanno a finire le tante storie di aziende che purtroppo seguono questo percorso perché poi i finali sono sempre individuali; tanto che alcune, poche, riescono anche a sopravvivere grazie a qualche miracolo finanziario.
La maggior parte no. Ma non è questo il punto della mia riflessione. Il punto è che occorre lavorare bene prima per crearsela una buona reputazione. E poi per tenersela. Perché finché c’è una buona reputazione vuol dire che siamo alla guida o all’interno di un’azienda sana o, nella peggiore delle ipotesi, di un’azienda che può risanarsi.